Pages

5 gennaio 2016

Prologo tradotto di "Dirty" di Aurora Belle

Ecco il prologo di Dirty, seguito di Raw (I suoi occhi su di me)
tratto dall'account Goodreads di Aurora Belle e tradotto da Valeria. 
Enjoy!


Prologo 
Capitolo 1 

 Alejandra

Ero confusa. 
O almeno così ricordo.
Essere chiamata da scuola per raggiungere mio padre in ufficio non era una cosa buona. L'ufficio era dove conduceva gli affari. Ero già stata lì prima ma non è un posto per una ragazza come me, o almeno così dice lui.

L'ingresso in qualche modo sembra più lungo di quanto sia mai stato prima. Lo percorro non sapendo cosa aspettarmi, stringendo a me la borsa della scuola. 

Ho fatto qualcosa di sbagliato? Perchè era così teso al telefono? I miei piedi si trascinano in avanti. 
Deglutisco a fatica, guardandomi le scarpe. 

Ho un laccio sciolto. A lui non piacerà. 

 Mi fermo dove sono per assicurarmi che il mio aspetto sia quantomeno stellare, facendo scorrere le mani tra i miei lunghi e lisci capelli neri e liscio la gonna della mia uniforme scolastica. Prendo tempo, tirando i miei calzini bianchi fino alle ginocchia, stando attenta a non lasciare il segno. 
Mio padre non ha cresciuto un branco di animali.
Lui ha cresciuto delle signore e, nel caso dei miei fratelli, dei gentiluomini. 
I miei fratelli ed io siamo orgogliosi di essere tutto ciò che mio padre desiderava. L'unica famiglia della criminalità organizzata ad avere grazia ed umiltà, ne sono sicura. A diciott'anni, sapevo quale fosse il mio compito. 
Il mio compito è quello di rendere mio padre felice. 
E lo faccio. 
Almeno penso di farlo. 
Fino ad ora non vi sono state lamentele. 
Studio sodo per avere una media alta, vesto appropriatamente, non mostrando mai troppa pelle e veglio sulle mie sorelle minori con amore e affetto, modellandole nelle signore che dovrebbero essere. Ammetto che sono una persona abbastanza decente e che amo la mia famiglia. 
In totale siamo in sei. In ordine d'età ci sono: Miguel, che ha 24 anni, io, Veronica, che ha 16 anni, Carmen, di 15 anni, Patricia, che ha 13 anni, e Rosa, che ne ha solo 9. Lei è l'ultima, nata solo un anno prima che Mama morisse. 
So che Rosa non la ricorda e so che questo la ferisce. Anche lei ha delle foto, come tutti noi, ma non è abbastanza. 
Mia madre si chiamava Dorina, chiamata affettuosamente "Dori" da chiunque le piacesse . 
Incontrò mio padre quando entrambi erano appena bambini, rincorrendosi e giocando per strada. Lui le gettò dello sporco in viso. Invece di piangere come facevano le altre ragazze, lei semplicemente si alzò e si scrollò lo sporco di dosso. 
Quando tornò a casa raccontò a sua madre di quello stupido ragazzo che l'aveva sporcata. Sua madre, mia nonna, rise gioiosamente e abbracciò la sua bambina. 
Le spiegò: “Oh, micetta, i maschi sono divertenti nel loro modo di fare le cose. E peggio trattano una ragazza più la amano, di solito.” 
 Mamma sentì ciò e fu pronta. 
Avrebbe sposato quel ragazzo. 
Quattordici anni dopo, Mama divenne la moglie di Eduardo Castillo. 
Vissero felicemente durante la vita di mia madre. Lei era l'unica donna al mondo che facesse ridere mio padre. Lui l'amava così tanto che quando morì, osservò il lutto. E mi spaventò a morte. 
Mio padre è un uomo ragionevole, ma qualcosa cambiò durante il periodo di lutto. Divenne più freddo, più chiuso. Iniziò ad escluderci. L'unica persona che può farlo ragionare è mio fratello, Miguel. 

Quando raggiungo la porta dell'ufficio, busso leggermente, con mano tremante. “Entra” mi chiama una voce familiare. Mio fratello? Mi irrigidisco. Che ci fa qui? 
Spingendo la porta aperta, faccio un passo all'interno e chiudo piano la porta dietro di me. Cammino fino ad arrivare davanti alla scrivania a cui mio padre siede ma guardando mio fratello, che è in piedi dietro mio padre. 
Non lo vedo da un anno. E' in forma. Papà tiene una mano sulla fronte. Mi ha riconosciuta. Dedico un sorriso dolce a mio fratello. Quando lui non ricambia, sento male al petto. 
Al contrario, i suoi occhi diventano teneri e dispiaciuti. Sembra che stia per piangere. 

E sottolineo che gli uomini della mia famiglia non piangono.

Quando mio padre alza il viso, mi viene la pelle d'oca alla vista del suo sguardo. C'è qualcosa che non ho mai visto prima. Qualcosa di calcolato. So che papà non è un brav'uomo, ma è buono con noi. E' un uomo di famiglia. Farebbe di tutto per noi. Ucciderebbe per noi. 
 Infatti, so che lo ha fatto. 
Mi schiarisco la voce e chiedo gentilmente: “Papa? E' tutto okay?” 
 Sorpresa dalla mia stessa abilità nel nascondere il tremito nella mia voce, sto in piedi, fingendo di essere tranquilla. Mio padre mi guarda negli occhi. Non avevo mai notato fino ad ora quanto fosse invecchiato dalla morte di Mama. Le rughe sul suo viso abbronzato sono così profonde che dimostra dieci anni in più dei suoi cinquant'anni. Le occhiaie sotto i suoi occhi fanno pensare che non dorma da mesi. 
Ma le rughe attorno agli occhi, dovute alle risate… sono sparite. 
Suppongo non le usi più come una volta. 
Andata via mia madre, non ha avuto più nessuno che lo facesse ridere. 
 “Alejandra,” accenna alla sedia di fronte alla sua.
La sua voce ruvida mi comanda: “Siedi”.
Non voglio sedermi. 
Voglio scappare.
Guardo mio fratello in cerca di aiuto. Lui scuote la testa e guarda la sedia. Respiro a stento, il mio cuore batte allo stesso tempo dei miei passi finché finalmente non mi siedo. Papà sospira, poi si alza. Cammina. 
“Oggi ti ho chiamata qui per discutere di una cosa con te. Qualcosa d'importante. Mi dispiace ma dobbiamo discuterne in fretta. Non c'è molto tempo.”
 I caldi occhi marroni di mio fratello si adombrarono. Lo vedo mordere l'interno della sua guancia. La sua faccia diventa di una profonda tonalità di rosso e la vena sulla sua tempia pulsa. Sembra stia per esplodere. 
Questa vista fa scorrere una gelida paura nel mio stomaco. Miguel non perde le staffe. 
E' un gentiluomo, paziente e controllato. 
Il cuore batte a mille. Qui c'è qualcosa che non va. 
Non sono sicura di cosa dire, faccio un cenno per fargli capire che lo ascolto. Lui continua. 
“Sono tempi duri. Non bastano più le stesse persone. La salvezza è nei numeri.” 
Fa una pausa, piantando i suoi palmi sulla scrivania, sporgendosi verso di me. “C'è un momento nella vita di ogni persona in cui vanno fatti dei sacrifici per un bene maggiore. Capisci?” 
 Annuisco. Capisco. 
Capisco che mio padre passa molto tempo lontano da casa per garantirci il tenore di vita che abbiamo. Questo è il suo sacrificio e lo fa senza rimpianto. 
Apprezzo ciò che fa per noi, non che io sia sicura di cosa fa esattamente. Non sono affari miei. Sono solo una donna.
Le sue labbra si curvano in quello che sono sicura dovrebbe essere un sorriso ma ne fuoriesce un ghigno. 
Borbotta:“Sempre una brava ragazza. Sono fortunato ad averti.” 
Il mio cuore si scalda mentre un calore mi si diffonde internamente, sciogliendo un po' della gelida paura dentro di me e mi riscalda fino ai piedi. 
Ma mio fratello stringe le nocche con tanta forza che gli diventano bianche. Miguel sibila dietro mio padre, "Diglielo." Il flebile sorriso di papà svanisce, piuttosto irritato dall'interruzione. 
“Si. Certamente.” 
Girando attorno alla scrivania, mio padre si siede al bordo di essa e prende la mia mano in una delle sue, colpendola gentilmente con l'altra. Da ragazza questo era tutto per me. Guardare il sorriso di mio padre mentre parlava di questo e quello, non ha mai realmente importato di cosa parlasse, solo che la sua attenzione fosse calda e salda. 

Ma poi sgancia la bomba. 
“Sposerai Dino, il figlio di Vito Gambino.” 
Lo dice senza sentimento, reazione o emozione. 
La mia presa sulla sua mano si indebolisce ma lui la tiene ferma, come supporto? Non lo so. Il sangue scorre via dal mio viso. Le mie labbra si schiudono e il respiro si mozza. 
Il mio stomaco si annoda. 
Mi sento come se il mio corpo stesse cercando di strangolarsi da solo. 
Inumidendomi le labbra asciutte, chiesi, tremante e sommessa, “Perché?” 
“I Gambino non sono diversi da noi. Gli Italiani sono persone legate alla famiglia, ma hanno dei problemi tra loro, non si fidano gli uni degli altri. Ogni famiglia ha un motivo diverso. Vito è venuto da me offrendomi pace. E la sua proposta è stata accettata. Mi ha trattato con rispetto e mi ha parlato di dove vede le nostre famiglie tra dieci anni. E la sua visione” mi stringe la mano, “è da me condivisa.” 
Il ponte del naso mi fa male e gli occhi mi pungono. 
“Papa, ho solo diciotto anni...” 
Mi sto arrampicando sugli specchi. Questa versione non ha senso neanche per me. Fortunatamente mio fratello viene in mio sostegno. 
Miguel interviene dicendo: “Raul corteggia Alejandra da quando avevano sedici anni, Papà. Hai dato la tua benedizione. Questo è…” la sua rabbia ha la meglio su di lui mentre parla, “Questo è ridicolo. Non è.. Non va bene.” 
 Si! Oh Dio! Si! 
 Nei cinque minuti qui, avevo dimenticato il mio ragazzo. 
Lui mi aiuterà. So che lo farà. 
Mio padre si alza e si volta verso Miguel. 
Con una calma mortale, dice: “Hai un'idea migliore? Questa è un'alleanza di cui abbiamo bisogno, mi hijo. Alejandra capisce. I sacrifici vanno fatti. Lo fa per la famiglia.” 
Si gira verso di me, gli occhi pieni di orgoglio.
“Questo è un onore.” 
Cade la mia prima lacrima. La mia gola si blocca, quindi sussurro: “Non voglio sposare Dino. Voglio sposare Raul.” Mio padre si rigira verso di me. “Ho chiamato Raul stamane. Promettendogli la mano di Veronica. Rinuncerà a te.” 
Queste parole sono come schiaffi. Ancora e ancora, il dolore mi riempie, mi fa a pezzi. 
Chiudendo gli occhi, non voglio neanche provare ad essere aggraziata. 
Alzo le mani per coprirmi il volto. “C-c-come ha potuto?” 
 Ma piuttosto che confortarmi, mio padre getta del sale nella ferita dove il mio cuore è stato lacerato. 
"Non fare così, Alejandra. Suo padre voleva una connessione con la nostra famiglia. E' un privilegio.” 
Mio padre tenta una risata. “Non pensavi davvero ti amasse, vero?” 
 I singhiozzi escono dalla mia gola. La mia vita sta cadendo in pezzi attorno a me. 
Miguel appare ai miei piedi, si inginocchia e guarda verso di me. Sposta le mie mani dal viso. 
“Se esiste una via d'uscita da questo, te lo giuro, Ana, la troverò. Te lo giuro.” 
 Papà rotea gli occhi. 
“E'un matrimonio. Non un omicidio. E' un motivo per gioire, non per piangere.” 
In questo momento preferirei un omicidio al matrimonio. Non riesco a respirare bene.
Ogni volta che provo ad inspirare, il mio petto si scuote per un nuovo singhiozzo. 
 Mio padre mi guarda con disdegno prima di scuotere il capo, informandomi: “Vito mi ha promesso che Dino è un bravo ragazzo e ti tratterà bene. Come una principessa. E sarai una principessa nella loro famiglia. Amata e rispettata da tutti, quanto lo sei qui. Fermare adesso la cosa non ha senso. E' fatta.” 
Manda un'occhiata di avvertimento a Miguel. 
“Non c'è nulla da fare. Il patto è stato fatto. I Castillo e i Gambino si uniranno attraverso il matrimonio.” 
Mio padre ride. "Dovremmo festeggiare,” mette le dita sotto il mento, alzandolo in modo da potermi guardare, “non piangere, micetta.” 
Lui asciuga le mie lacrime, baciandomi la guancia. 
“Mi accompagnerai a cena stasera. Incontreremo Vito e Dino.”
Immediatamente, Miguel lo interrompe: “Vengo anche io.” 

Mio padre guarda suo figlio. Dopo un po' annuisce. 
“Si. Dovresti.” 
Sapendo che Miguel ci sarà mi sento meno tesa. 

Lui non lascerà che mi accada niente. Non lo farà. 

Più tardi quel pomeriggio,incontriamo i Gambino in uno dei loro ristoranti. 
Non li ho mai incontrati prima ma capisco che sono loro appena li vedo. Uomini come mio padre, hanno un'aria particolare attorno a loro. I loro caratteri richiedono attenzione. Sono affascinanti. 
Gli uomini desiderano essere come loro e le donne desiderano riscaldare i loro letti. 
Questo non l'ho mai capito. 
Non mi hanno mai affascinata come affascinano le altre persone. 
L'uomo più anziano si alza un attimo prima del più giovane. Entrambi sorridono verso di noi. A un paio di passi dal loro tavolo, Vito tende il braccio verso mio padre. 
“Eduardo.” 
 Mio padre, privo di espressione, fa un passo verso le braccia di Vito, si danno una pacca a vicenda sulle spalle in un confortevole abbraccio tra uomini. 
“Vito. Grazie per averci ricevuti.” 
Do un'occhiata agli uomini. 
Entrambi vestiti di squisiti completi, non posso fare a meno di notare quanto l'uomo più giovane sia attraente. Anche Vito, per essere un uomo anziano, è splendido, con occhi sorridenti e capelli brizzolati. 
Noto che il più giovane ci ha raggiunti, allentando la cravatta attorno al collo, fino a scioglierla. 
Questo piccolo segno mi fa realizzare che non sono sola in questa situazione. 
Dino probabilmente è incazzato quanto me per quest'accordo. 
Questo in qualche modo mi calma. 
Vito viene verso di me, precedendo suo figlio. 
“Questa deve essere Alejandra.” 
Vito mi prende la mano, baciandone il dorso. Guarda suo figlio. “E' così piccola.” 
Dino mi guarda, i suoi occhi nocciola danzano. Allunga la mano, aspettando pazientemente che io posi la mia mano sulla sua, diversamente da suo padre che l'aveva presa da sé. Esitando, poso la mia mano nella sua e il suo sorriso si allarga, abbagliandomi. 
“Ti prego di scusare mio padre, non intendeva essere maleducato, stava solo dicendo che sei così piccola. Petite.” Lo so questo. Io e le mie sorelle abbiamo la corporatura e i colori di nostra madre. Non più alta di 1,55, capelli neri e lisci che mi arrivano alla vita e caldi occhi marroni, ho capito che molti mi consideravano carina. Mia madre mi disse che la bellezza è un dono e di non usarla mai per ottenere ciò che voglio, che devo rimanere umile. 
Più Dino si avvicina, più le farfalle nel mio stomaco battono le ali. E'davvero bellissimo. Alto con le spalle larghe e una vita stretta, zigomi alti, un mento forte, labbra carnose e sorridenti occhi nocciola. La sua grande mano copre la mia, le sue labbra scendono e appena la sua bocca tocca le mie nocche, il mio stomaco è in subbuglio. 
 Mentre mi lascia, mormora: “Capisco perché tuo padre ti nasconde. Le gemme più preziose di solito sono rinchiuse in un luogo sicuro.” 
Posso quasi sentire Miguel ridere dietro di me. 
Tendendogli la mano, si presenta. Osservando mio fratello, Dino sorride mentre gli stringe la mano. “Ami tua sorella.” Un'affermazione. 
 Miguel, non nega né conferma la cosa, tirando via la mano. 
Dino alza le sue mani in un gesto conciliante. 
“Lo capisco. Anche io ho delle sorelle. E due fratelli.” Dino mi guarda. 
“Farei qualsiasi cosa per tenerle al sicuro.” 
Interrompendosi, si avvicina a Miguel e dice con calma:
“Tua sorella sarà al sicuro con me.” 
Guardandomi con la coda dell'occhio, continua: 
“Diamine, forse un giorno mi amerà persino. E quando saremo sposati, tu ed io saremo fratelli. Il che significa che tu e le tue sorelle sarete inclusi allo stesso modo sotto la mia protezione. Darei la mia vita per tenervi tutti al sicuro.” 
Penso che la prima intenzione del discorso di Dino fosse quella di convincere Miguel.

Ci sediamo e mentre mio padre e Vito chiacchierano tra loro, Miguel – avendo deciso di dare la sua benedizione a Dino – parla di affari con lui. 
Io guardo come si comporta Dino e sono impressionata. 
E' allo stesso tempo serio e spiritoso, confondendo completamente Miguel. 
Vedere mio fratello ridere con Dino è snervante. 
Sta accadendo davvero. 
Questo è l'uomo che sposerò. 
Il mio petto sobbalza. 
Non sono sicura di essere pronta, non che a qualcuno importi un cazzo. 
Alzandosi immediatamente, Dino si gira verso i nostri padri e annuncia: 
"Scusate, signori. Vorrei avere un momento con Alejandra.” Si gira verso di me, con le labbra incurvate. 
“L'ho trascurata fin troppo questa sera.” 

Miguel guarda verso di me e i suoi occhi approvano silenziosamente. Mio padre sorride a Dino mentre Vito annuisce acconsentendo: “Certo. Ma prova a non metterci troppo. Abbiamo ancora molto di cui discutere.” 
Non avendo molta scelta, mi alzo e liscio il mio elegante vestito nero. Prendendo la mia mano, Dino la mette nell'incavo del suo gomito, portandomi via. Camminiamo lentamente, a nostro agio in silenzio e sono sorpresa di sentirmi totalmente al sicuro camminando al fianco di quest'uomo. Mentre mi apre la porta, faccio un passo all'esterno. 
Mi fa cenno di sedermi ad uno dei tavoli esterni, faccio come mi viene detto. 
Faccio sempre come mi viene detto. 
 Dino si siede e mi guarda attento. 
“Non hai detto una parola. Nemmeno una.” 
 Faccio un'alzata di spalle. Cosa vuole che dica? 
I suoi occhi si addolciscono. 
“So che non è facile. Credimi, mi sono incazzato quando mio padre mi ha detto cosa voleva che facessi.” Ridacchia. “Intendo, dai, ho solo 25 anni. Non voglio sposarmi” per qualche motivo ho una fitta al petto, “e non so perchè, ma credo che neanche tu lo voglia.” 
 Ritrovo la voce. “Non voglio” 
 Lui sorride teneramente. 
“Ti prego, non ferire i miei sentimenti o cose simili.” 
 Non resisto. Abbasso il mento per nascondere il sorriso, ma lui lo vede. 
“Vedi?” Ride prima di tornare serio. “Sei carina, Alejandra. Magnifica, in realtà.” Il mio viso si infiamma velocemente mentre il mio battito accelera. 
Dino mi raggiunge al tavolo, prendendo la mia mano. Lo guardo negli occhi. Lui mi chiede calmo: “Pensi di potermi dare una possibilità? Mi piacerebbe provarci.” 
Fa un'attimo di pausa, "Dobbiamo provare.” 
Ha ragione. Dobbiamo. 
E sarebbe potuta andarmi peggio. 
Insomma, lui è attraente, ha fascino ed è divertente. E sembra che io gli piaccia. Distogliendo gli occhi, incrocio le mie dita alle sue e sussurro: "Sì". 
Deglutisco. "Voglio provare" 
Dino si alza e avvolge le braccia attorno a me, tenendomi stretta. La mia sorpresa improvvisa viene messa da parte appena mi rendo conto che ho bisogno di conforto tanto quanto lui. Gentilmente avvolgo le mie braccia al suo centro, appoggiando la testa contro il suo petto, stringendomi a lui in cerca di supporto, trovando conforto nel dolce battito del suo cuore. Lui mi bacia il capo. 
“So che non è una situazione ideale ma penso che possiamo farla funzionare. Sappiamo come sono le nostre famiglie. Sappiamo cosa si aspettano da noi. Mi piacerebbe esserti amico.” Si tira indietro. “Penso-” Si schiarisce la gola. “Penso che potrei amarti. Penso che potremmo amarci a vicenda." 
 La mia gola si stringe. Cerco di parlare ma tutto ciò che ne esce è un grugnito sofferente. 
Abbassando il viso, le lacrime cominciano a scorrere. Sono spaventata. Mi odio per questo pianto. 
Ma Dino no. 
Accarezzandomi la guancia, mi zittisce, baciandomi la guancia. 
“Bella, non piangere. Per favore non piangere.” 
Prima che capisca cosa sta succedendo, le sue labbra coprono le mie. Mi bacia e si allontana altrettanto in fretta, stringendomi ancora una volta. Afferro la camicia e piango. Lui sussurra, "Non preoccuparti, Alejandra. Ti terrò al sicuro.” 
Le sue parole mi calmano. 
Come ho detto... potrebbe andare molto peggio. 

  Sei anni dopo..

Il mio stomaco è schiacciato contro il materasso.
Le dita affondano nei miei fianchi, tenendomi giù. 
Respiro rapidamente attraverso il naso, combattendo il dolore. 
Mordendo il cuscino per smettere di piangere ripenso all'avvertimento di mia nonna mentre mio marito si masturba sul divano, sorridendo verso il mio viso rigato di lacrime, mentre osserva suo fratello che mi violenta. 
Peggio trattano una ragazza più la amano, di solito. 
Se questo è il caso, mio marito deve davvero amarmi. 
Deve amarmi da morire.

Nessun commento:

Posta un commento

 

Template by BloggerCandy.com | Header Image by Freepik